Mi piace leggere e studiare la biografia di personaggi di una certa importanza, noti o meno al pubblico, ma sento anche la responsabilità di considerare che riportare un singolo episodio, o più episodi delle loro vite, potrebbe indurre il lettore a esprimere un giudizio negativo su queste personalità. Di certo non mi sopravvaluto né sminuisco il discernimento del lettore stesso ma è solo la mia sensibilità che mi porta a fare a questa premessa.
Al di là che è poco piacevole formulare opinioni riprovevoli su persone che non ci sono più, i pareri eventuali che ognuno di noi possiamo meditare od esternare su questi uomini e donne, andrebbero valutati sulla interezza della loro biografia e non sui loro singoli avvenimenti.
E’ il caso di Elvis Presley, un mito della nostra società a livello mondiale, conosciuto anche come il Re del Rock and Roll o The King (“il Re“).
Il 22 giugno scorso è uscito nelle sale cinematografiche il film “Elvis“, film che non ho visto.
Ma questa pellicola, in presentazione nei nostri cinema, ha sollecitato la mia curiosità non in quanto tale, anche se penso di vederla, ma essa evoca, nel personaggio di Elvis, il suo rapporto con il Karate e le arti marziali in genere, che sono state una mia passione attiva fino ad un tempo fa ma che sempre passioni rimangono in me.
E nel leggere la biografia di Elvis Presley, sono rimasto un po’ colpito da questa circostanza che l’ha coinvolto e che racconterò, avvenimento, probabilmente, poco conosciuto se non dai suoi fan.
Elvis era profondamente religioso e affascinato dalla spiritualità e dalla numerologia, come dimostrano le montagne di Bibbie e libri ancora nella sua camera da letto e nell’ufficio di Graceland fino ad oggi. Tra l’altro i suoi genitori erano assidui frequentatori della Chiesa evangelica delle Assemble di Dio americane, e proprio durante lo svolgimento di tali riunioni, Elvis, cominciò a entrare in contatto con il mondo della musica.
Nelle prime ore del 16 agosto 1977, Elvis Presley e la sua ragazza Ginger Alden invitarono suo cugino Billy Smith e sua moglie Jo a unirsi a loro per una partita di squash nel suo campo all’avanguardia di Graceland .
Il “re” e la sua cerchia ristretta di “Memphis Mafia” si sono divertiti con alcuni giochi prima di suonare Unchained Melody al pianoforte nel centro sportivo.
All’avvicinarsi dell’alba, Elvis, si diresse a letto nel suo rifugio privato al piano di sopra a Graceland con la sua ultima donna.
Nonostante avesse già assunto un’abbondante dose di barbiturici (alcuni dei quali per calmare i fastidi dipesi dall’otturazione di un molare cui si era sottoposto) rimase sveglio sino alle prime ore del mattino, intrattenendosi con la famiglia e il suo staff, rilassandosi e curando gli ultimi dettagli del concerto che si sarebbe dovuto svolgere a Portland (Maine) l’indomani.
Alle ore 4:30 del mattino egli si mise al piano, per suonare due canzoni gospel e il brano country Blue Eyes Crying in the Rain, l’ultimo pezzo che abbia mai cantato.
Mezz’ora dopo si ritirò in camera per cercare di riposare prima della partenza ma, non riuscendo ancora a dormire, decise di assumere un’ulteriore dose di barbiturici.
Alle 9:30 prese il libro intitolato A scientific search for the face of Jesus, scritto da Frank O. Adams, e si diresse verso la stanza da bagno.
Dopo 4 ore, alle 13:30, venne rinvenuto nella stanza da bagno dalla compagna Ginger Alden, che diede immediatamente l’allarme. Il cantante giaceva sul pavimento. In ambulanza fu trasportato al Baptist Memorial Hospital, dove giunse alle ore 14:56. I tentativi di rianimazione messi in atto nel trasporto furono inutili e all’arrivo risultò evidente che la morte era sopraggiunta già da diverse ore. Alle 15:00 ne fu dichiarata la morte, che in un comunicato ufficiale nell’immediatezza fu attribuita ad “arresto cardiaco”, nonostante non vi fosse ancora alcun riscontro medico-legale. Elvis Presley aveva 42 anni.
Per quanto riguarda il libro che Elvis stava leggendo nel momento in cui è morto, “A Scientific Search for the Face of Jesus”, e pubblicato nel 1972, il testo è incentrato sulla Sindone di Torino, che alcuni ritengono essere il tessuto funerario in cui fu avvolto Gesù Cristo dopo la sua crocifissione.
Menzionato per la prima volta nel 1354, il sudario presenta l’immagine negativa di un uomo con le stigmate ai polsi.
Il libro è di un colonnello dell’esercito americano in pensione che ha affermato di utilizzare la scienza per dimostrare, secondo lui, che la Sindone di Torino era una vera reliquia cristiana.