Scrittore, è una parolona! E quando per affetto o veramente per stima (eccessiva) nei miei confronti mi chiamano così, provo sì piacere ma nello stesso tempo anche un profondo imbarazzo, proprio per l’importanza di questa denominazione.
Qualche giorno fa mi sono imbattuto, su YouTube, in due video inerenti al noto film L’ultimo samurai .
In questo post, mi soffermo su uno in particolare, nel quale si vede il dialogo tra i due personaggi chiave di questa pellicola cinematografica ovvero il samurai Katsumoto, interpretato dall’attore Ken Watanabe, e Nathan Algreen, ex capitano dell’esercito statunitense e veterano del Settimo Cavalleria, recitato da Tom Cruise.
Della loro conversazione non mi soffermerò né sul ruolo del Samurai né del codice Bushido, del quale si fa riferimento nel video, piuttosto presterò attenzione a questa parte del loro colloquio, quando Katsumoto, che si apprestava a scrivere una poesia, ad un certo punto si rivolge ad Algreen e i due si scambiano queste parole:
Katsumoto: Ho qualche probelma a finire la poesia, sai suggerirmi un verso conclusivo?
Nathan Algreen: Non sono uno scrittore…
Katsumoto: Eppure hai scritto molte pagine da quando sei arrivato.
Nathan, in effetti, oltre al suo trascorso da militare, nel periodo nel quale era stato nel villaggio (il cui capo era Katsumoto), aveva già imparato qualcosa della cultura giapponese dell’epoca, instaurando anche un rapporto personale con Taka, la sorella di Katsumoto, e vedova di di Hirotaro (ucciso dallo stesso Algreen in battaglia), di cui finisce per innamorarsi.
Se a volte si usa a sproposito la parola scrittore, da questo dialogo si evince che lo si puo’ essere, scrittore, anche senza mai aver scritto una pagina di un libro ma avendone compilate altre su un altro testo importantissimo: quello della vita.
E forse tu, che mi stai leggendo, sei o sei stato scrittore e non lo sapevi!
