Non abbiamo raggiunto, almeno in Italia, quei livelli dove esiste uno Stato padrone e un popolo schiavo. Anche se in un recente passato, una parte d’italiani, è stata ghettizzata, maltrattata psicologicamente, socialmente ed economicamente, quando il tutto poteva essere risolto tramite il dialogo e la ragione fra le parti.
È pur vero che ci apprestiamo a subire, nei prossimi mesi, a meno che subentri un miracolo, delle restrizioni di vario tipo a causa del conflitto russo-ucraino e delle scelte che anche il nostro governo ha fatto in merito.
Premettendo, anche se non ce ne sarebbe bisogno, che siamo contro la guerra e condanniamo l’attacco della Russia verso l’Ucraina, nel contempo crediamo che le cosiddette sanzioni potevano essere sostitute da rapporti diplomatici con i vertici russi ma anche ucraini.
Intanto le elezioni del 25 settembre prossimo si avvicinano sempre di più.
Il risultato finale di queste chiamate alle urne, dipenderà, soprattutto, dalle scelte del popolo italiano che, credo, quello più ragionevole, voterà il meno peggio. E questo, di certo, non è una consolazione.
Se gli italiani voteranno con una mente limpida non condizionata dai vari media, spesso dipendenti dal “potere”, almeno avremo un risultato elettorale onesto anche se non perfetto, così come non è, perfetto, sia chi appartiene ai vari schieramenti politici sia il popolo italiano stesso.
Solo che, nostra considerazione, il nostro popolo dovrebbe uscire dal circolo vizioso del vittimismo e, ci scusiamo, ma anche dall’ignoranza e dell’egoismo (ovvero votare chi conviene a seconda i propri interessi). Sarebbe bello questo ma appare più che altro un’utopia.
Ci viene in mente, comunque, il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel quando, nella “Fenomenologia dello spirito” (in tedesco Phänomenologie des Geistes), opera filosofica di Hegel, pubblicata per la prima volta nel 1807, nella dialettica signore-servo (in tedesco: Herrschaft und Knechtschaft), si afferma che:
Il signore, nel rischiare la propria vita pur di affermare la propria indipendenza, ha raggiunto il suo scopo, e si eleva su quello che è divenuto il suo servo (poiché ha preferito la perdita della propria indipendenza pur di avere salva la vita). Anche il servo però diventa importante per il signore poiché dal lavoro di quello dipende il suo stesso mantenimento in vita. Il servo, lavorando, dà al padrone ciò di cui ha bisogno. Il padrone non riesce più a fare a meno del servo. Dunque, la subordinazione si rovescia. Il padrone diviene servo poiché è strettamente legato al lavoro del servo, e il servo diviene padrone (con la sua attività produttiva) del padrone.
Da notare che non vanno perduti i ruoli originari, ma se ne aggiunge a entrambi uno nuovo, opposto. Il passato di servo e padrone non viene eliminato del tutto ma in ognuno è in parte tolto e nello stesso tempo conservato il ruolo originario. È il classico rapporto di Aufheben (o Aufhebung) («togliere e conservare», «toglimento» e «superamento») che si stabilisce tra i vari momenti dello sviluppo dialettico.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Dialettica_signore-servo
Insomma, il servo è obbligato a fare ciò che dice il padrone finché si rende conto che, in realtà, è il padrone a dipendere da lui, perché (il servo) sa lavorare, sa fare qualcosa mentre il padrone non sa fare altro che dargli ordini. Da solo, il padrone, non saprebbe fare nulla né avrebbe potere.
Questa nostra riflessione non è una chiamata alla rivoluzione o al non rispetto delle istituzioni, naturalmente, né a un richiamo al marxismo piuttosto a una presa di coscienza del popolo italiano. In loro, negli italiani, quindi, dimorano tante responsabilità. Che vedremo in atto, sia in modo positivo (si spera) o in quello negativo, il 25 settembre 2022.
Purtroppo, responsabilità che sarà espressa, sempre alla meno peggio…
p.s.: scritto ispirato da Benedetta Santini.