Conosciamo tutti la frase del filosofo, economista tedesco, Karl Marx , che recita così
“La religione è l’oppio dei popoli”
cliccando sul link, leggerete la versione integrale di tale affermazione
Per Marx, la religione, quindi, è una sorta di rifugio, dove l’uomo oppresso, afflitto, dalle difficoltà della vita, trova le consolazioni e le speranze, diventando così, la religione, una specie di droga, che proietta, chi la esercita, in una felicità illusoria.
Addirittura, si spinge il filosofo, ma anche il politico Marx, a dire che questo modo di pensare vada eliminato dalla società, in modo tale che il popolo possa proiettarsi in una felicità reale.
Non siamo qui per replicare a quest’uomo e alle sue idee, ma per prendere a pretesto, questa sua frase, che ci porterà al nostro ragionamento, allo scopo di questo post.
Prendendo le distanze su alcune teorie del filosofo tedesco , vogliamo dire che, in effetti, la sua frase, non il fine di essa al quale lui voleva dare, contiene, in parte, una verità.
L’etimologia della parola “religione” , ha, stranamente, diverse tesi.
Ma una ci colpisce in particolar modo: e cioè che essa provenga dal latino religāre, composto dal prefisso re-, intensivo + ligāre = unire insieme, legare. E’ la cosidetta Tesi lattanziana.
Se l’uomo credente, è legato a rituali, liturgie, cerimoniali, senza applicare, nella sua vita, ciò che Dio vuole ed è scritto nella Sua Parola, allora saremo di fronte non solo ad una persona e a più individui, che esercitano non solo una religione (nel suo termine negativo) , ma ad una grande forma di ipocrisia e non solo, ma anche ad una vera dissociazione dalla realtà.
Nel mondo cristiano evangelico, pentecostale, è nota la famosa frase: noi non pratichiamo una religione ma un rapporto personale con Dio.
E questo è corretto ma rischia di diventare, questa frase, uno dei tanti slogan del mondo evangelico che rischia, ripeto rischia, di portare ad un senso di superiorità rispetto ad altre denominazioni cristiane, se non è applicato nella realtà quotidiana.
La pratica cristiana non si trattiene nella Chiesa che si frequenta ma diventa un modo di essere che prende la persona, naturalmente con tutti i difetti e le cadute che possiamo avere, anche al di fuori delle comunità.
In questo modo possiamo obiettare alla frase di Marx, perché, il cristiano, ripeto con tutti i suoi limiti, non si proietta, non lavora, solo per il mondo che ci sarà, ma cercherà di rendere migliore questo mondo.
Allora non è oppio, ma pratica, stile di vita, applicazione nella vita quotidiana.
Come si può arrivare a comportarsi così? Sempre se uno vuole, naturalmente.
Per amore, solo per amore.
Per amore verso Colui che ci ha amato per primo, per amore verso Cristo e la Sua Opera.
Allora, realizzando questo sentimento, si instaura un rapporto che dall’amore conduce alla fiducia, alla Fede.
Un rapporto quotidiano con questo Dio, con il quale ci troveremo anche a discutere, a chiedere. Come una relazione tra padre e figlio.
Non si segue nessuno, sinceramente con il cuore, per dovere ma solo per affetto.
Allora, in un mondo che ha sempre di più dell’irreale, il cristianesimo diventa realtà, su questa terra e in Cielo.